Città del Messico, estate 1994
IL PELLEGRINO
Nessuno conosce la città del pellegrino, eterno straniero, passeggero riflesso della città, occhiocamminante, unico sguardo sulla città, tra milioni di gambe cieche, vecchia città uniforme, unisona, agglomerata urbanamente dai suoi calpestatori indefessi e disamorati, città che del pellegrino ad un tratto subisce il taglio, la divisione, l'articolazione, la sottolineatura, l'incorniciamento, il chiaroscuro, lo scorcio, il denudamento delle parti intime, ringiovanita da ogni anno che gli viene ricordato come il risuonare ritmico nella memoria del primo scalpello che gli ha soffiato la vita, città che prima di tramontare quotidianamente ha da togliersi il trucco, in faccia allo specchio pellegrino, prima che egli parta e la abbandoni alle sue fredde mura e strade d'asfalto, al silenzio della vista dei suoi abitanti, e ne scelga un'altra, un'altra volta, tradita e giocata sulla piazza della prossima città.
Il pellegrino cammina e vede
il cittadino calpesta ed è cieco.