IL CINEMA GIARDINO PRIMAVERA
Stanotte nel dormiveglia ho rivisto com'era la strada sotto casa mia quand'ero un bambino.
Girato
l'angolo del mio portone, in 100 metri c'erano le botteghe: il
pizzicagnolo, l'ortolano, il lattaio, il mesticatore, la merciaia, il
fornaio, la giornalaia. Dico così, ma allora si chiamavano coi loro
nomi: Nandino, Adriano, Marcella, ecc...
Non avevano bisogno di convincere nessuno, avevano tutto quel che ci serviva.
A
250 metri, in mezzo alle case, c'era il cinema Giardino Primavera, dove
in primavera ed estate si vedevano i film di seconda visione (io e mio
padre i western di Ringo e poi Trinità; per mia madre commettevamo
"peccato" ad andare al cinema, ma si arrabbiava di nascosto solo con mio
padre, a me chiedeva la trama e sorrideva sempre).
A 500 metri
c'era l'entrata delle Officine Galileo, ogni giorno suonava la sirena e
arrivavano a piedi, in bici o in tram decine e decine di operai in tuta
blu, fischiando, ridendo e scherzando; qualche volta non entravano e si
fermavano lì davanti, erano molto arrabbiati e urlavano quello che
avevano scritto sui cartelli: sciopero.
Non si conosceva nessuno che era senza lavoro.
Eppure
ci si conosceva tutti, e tutto si sapeva di tutti. Tutti quelli che
servivano agli altri. Anche solo per dirsi buongiorno e buonasera.
Ora
cambiano i negozi ogni pochino, alcuni sono rimasti chiusi da anni, si
cammina dritti guardando in terra o sul cellulare, e non si sa chi
siamo, qui.
4 Marzo 2016